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Di coloro che dominano il mondo e i bambini di Medellín (Carlo Bordini)

  • Immagine del redattore: Claudio Orlandi
    Claudio Orlandi
  • 10 set 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

Credo che conoscere una verità spiacevole, anche se non si conosce la cura per questa verità, potrebbe già essere un fatto positivo. Potrebbe infatti stimolare energie che non si credeva di avere, o far nascere idee che non si credeva di poter pensare. Ho sentito dire che i malati di cancro vivono meglio ciò che resta loro da vivere se sanno che dovranno morire. Le bugie pietose non servono. Dico questo perché sono convinto che siamo, noi esseri umani, non sull’orlo di una catastrofe, ma all’inizio di una catastrofe. Una di quelle catastrofi che hanno una forza autonoma, come le valanghe, e che nessuno riesce a fermare. La situazione attuale mi fa pensare a quella descritta da Stefan Zweig ne Il mondo di ieri, quando parla del periodo precedente alla prima guerra mondiale. Nessuno la voleva; tutti ne erano atterriti; ma non c’era nessun modo di fermarla. Doveva succedere. Zweig, fuggito dall’Austria perché ebreo, scrisse questo libro alla vigilia della seconda guerra mondiale prima di suicidarsi.

Seguo molto Giulietto Chiesa (Megachip Globalist); penso che abbia ragione. Si prepara una nuova guerra. Mi piace quello che dice il papa; forse è proprio la disperazione che lo spinge ad essere così chiaro e esplicito. Viviamo in un mondo in cui quasi tutto quello che leggiamo o vediamo sui giornali o in televisione è falso. Propongo una domanda, che mi sembra una domanda chiave: il mondo è migliorato dopo la caduta del muro di Berlino? Io credo che il mondo stia, piuttosto, vicino a un collasso. Credo che il grande storico inglese Howsbawm lo abbia scritto:

l’Unione Sovietica non era un paradiso, è chiaro, ma l’equilibrio tra due forze frenava i danni. Ora gli istinti animali hanno campo libero. E anche la stupidità. Credo che sia difficile essere stupidi come una persona avida.

“Dio acceca coloro che vuole perdere”. In questo periodo la cecità di coloro che dominano il mondo fa pensare proprio a questa frase. Gli odierni Stranamore sono di una cecità assoluta. Anche quelli europei. Nei periodi di crisi, in cui bisognerebbe avere la mente fredda e il polso fermo, è invece molto frequente che si faccia autogol. Oggi gli autogol sono diffusissimi. L’intransigenza della Merkel, che sta coprendo di miseria l’Europa e può portare al crollo dell’euro, non è forse un autogol? L’Isis, finanziato da governi che si dicono nostri “amici”, non è forse un autogol?


A volte, considerando le cose come una persona che vorrebbe che questo stato di cose cambiasse, mi viene in mente la metafora delle sabbie mobili. Si dice di una persona che cade nelle sabbie mobili, che ogni movimento non fa che portarlo più giù. A volte penso che qualsiasi cosa che potremmo fare, al punto in cui siamo arrivati, potrebbe essere sbagliata. Ci sono punti in cui non ci si può più muovere. Ossia, la situazione è talmente marcia che non c’è cura possibile. E credo che noi siamo a questo punto. Faccio un esempio: quello dei profughi. Non riesco a immaginarmi una soluzione decente. Ormai siamo andati troppo avanti. Mi vengono in mente idee orribili e spaventose. L’unica cosa positiva che mi viene in mente è un’esperienza a cui ho assistito, e che non a caso viene dall’America Latina, e che ho sintetizzato in una storia che ho scritto per un’istallazione che si è tenuta recentemente a Torino, e che qui trascrivo così come mi è venuto di raccontarla. Forse è il segnale che si potrebbero (o forse dovrebbero) cambiare completamente le carte.




STORIA DEI BAMBINI DI MEDELLIN





La storia che sto per raccontare non è una fiaba, ma è accaduta realmente, e il fatto che sia accaduta realmente la rende ancora più magica. Alcuni anni fa partecipai al Festival di Poesia di Medellin, e là conobbi due maestre che insegnavano in una scuola steineriana. Diversi mesi dopo una di loro mi scrisse che sarebbero arrivati per visitare l’Italia tredici bambini e quattro accompagnatori (lei era uno dei quattro accompagnatori).

Il viaggio si chiamava “Grazie Leonardo”, o almeno questo era l’oggetto che compariva in tutte le sue lettere. Chiedevano che si trovassero per loro dei posti in cui poter dormire; e si capiva che erano senza soldi, ma non lo dicevano esplicitamente. Io mi attivai, coinvolsi altre persone, senza risultati, e in un fitto scambio di email venne fuori che volevano visitare Milano per vedere L’Ultima cena di Leonardo e che volevano andare a Firenze per percorrere le stesse strade in cui erano passati Leonardo e Michelangelo e per respirare la stessa aria che essi avevano respirato.

Alla fine la questione logistica fu risolta da una ragazza di un paesino del Veneto, Daniela Boscato (oggi è una psicologa), che mi spiegò più tardi che in Veneto c’è ancora il Medio Evo – da bambina aveva detto di non credere in Dio, e l’avevano portata da vari esorcisti; fu una fortuna, perché poté scrivere a uno di loro dicendogli: «dato che non fai niente tutto il giorno trova da dormire a questi bambini», e il prete li fece ospitare in vari istituti religiosi in diverse città.

I bambini vennero a Roma, io li andai a prendere a Fiumicino con una valigia rossa piena di roba da mangiare e li accompagnai in pullman, e poi in tram, fino all’istituto religioso dove avrebbero dormito. Lì si accamparono, e gli accompagnatori (che erano i loro insegnanti) cucinarono, lavarono i piatti, e l’indomani li portai in giro per Roma – così per un paio di giorni. Erano molto disciplinati e molto simpatici. Non si lamentavano mai. Attaccavano discorso con tutti e creavano un clima di simpatia. A Piazza Navona c’era della musica e si misero subito a ballare. Coinvolsi degli amici in questi giri (mia sorella Silvia, Franca Rovigatti, Massimo Barone). La sera successiva andammo tutti a mangiare dalla poetessa Mia Lecomte che poi disse: “Vedendo questi bambini ho capito meglio in che schifo di paese viviamo noi”.

Poi andarono a Firenze: coinvolsi una ragazza che studiava a Siena, Ludovica Colantuono, che li accompagnò; con la loro simpatia riuscirono a entrare gratis agli Uffizi; non poterono entrare a Santa Croce perché si pagava ma girarono intorno alla chiesa e andarono tutti ad appoggiare le mani sulle mura della chiesa (un gesto che facevano anche gli uomini della preistoria, mettendo l’impronta delle loro mani nelle grotte).Io non ebbi tempo di portare a casa la mia valigia rossa e gliela lasciai, e loro se la portarono dietro per tutto il viaggio dicendo che era il mio cuore che li seguiva.

Alla fine arrivarono in Veneto, e la ragazza che aveva trovato il modo di farli ospitare negli istituti religiosi li fece dormire in varie case private, superando l’iniziale diffidenza degli abitanti che diffidavano del fatto che si trattasse di colombiani. Anche questa fu una fortuna, perché il loro aereo stava per partire da Fiumicino e bisognava trovare un pulmino che li portasse direttamente all’aeroporto. La ragazza risolse il problema spargendo la voce che in paese c’erano dei colombiani e che bisognava trovare subito dei soldi per mandarli via, e i bravi leghisti fecero una colletta, e con quei soldi appunto, si pagò il pulmino.

Durante il loro soggiorno a Roma, Diana Lucia Restrepo (l’amica che avevo conosciuto a Medellin, che lì tra, l’altro organizza, un festival di poesia di bambini) mi raccontò come era nata l’idea del viaggio e come era stato organizzato. Lei insegnava storia dell’arte e aveva parlato di Leonardo e Michelangelo che vivevano a Firenze; i bambini (che erano tra gli otto e i dodici anni) dissero che volevano andare in Italia e camminare nelle stesse strade e respirare la stessa aria che avevano respirato Michelangelo e Leonardo. Lei disse: bè, questo potrete farlo tra quindici anni. I bambini dissero: maestra, tra quindici anni lei sarà una vecchietta, noi vogliamo farlo adesso. La maestra disse: ragazzi, ma questo è un sogno. E allora un bambino disse: maestra, ma lei ci ha detto che noi dobbiamo sognare. In conclusione, i bambini trovarono un libro dove c’erano scritte lettere già fatte, e scrissero a tutta la Colombia che loro volevano andare a Firenze a camminare nelle stesse strade e respirare la stessa aria che avevano respirato Michelangelo e Leonardo, e alla fine i cafeteros (i coltivatori del caffè) dettero loro i soldi per l’aereo. Il viaggio in sostanza fu deciso e organizzato dai bambini, che poi, quando il viaggio fu finito, decisero di scrivere un libro per raccontarne la storia.

Tempo dopo Diana Lucia mi scrisse che l’esperienza italiana aveva creato un precedente; e che i bambini (altri bambini, perché quelli che erano venuto in Italia erano quelli dell’ultimo anno) avevano seguito le orme dei loro predecessori e, con la convinzione che i loro sogni si sarebbero comunque realizzati, avevano scritto alla Nasa dicendo che volevano mandare un messaggio nello spazio, e la Nasa aveva accettato. Diana mi mandò il testo del messaggio, tutto scritto a mano e pieno di colori. Il messaggio, rivolto agli abitanti di altri pianeti, terminava con delle domande:


Voi sognate?

Voi provate emozioni?

Vivete in pace?

Come comunicate?

Come siete?

Com’è il vostro pianeta?

Come vi siete evoluti?


La classe successiva, l’anno dopo, decise di andare in Inghilterra per parlare con J. K. Rowling, l’autrice di Harry Potter. Questa è la storia dei bambini di Medellin. Prima o poi dovevo raccontarla. Non voglio fare particolari commenti. Devo dire solo che la parola “sogno” entrava spesso nel linguaggio sia dei bambini che dei loro insegnanti. E devo aggiungere (perché ormai i bambini di questa scuola sono parte di una tradizione che essi stessi hanno costruito, e alla cui base c’è che tutti i sogni, se si vuole, possono essere realizzati), devo aggiungere, appunto, che questi bambini hanno scritto una lettera rivolta al tavolo di negoziati tra governo e guerriglia che si tengono in Colombia, spiegando che le trattative di pace sono fallite perché non vi hanno partecipato i bambini, e che la pace è molto meglio della guerra.


Qui il video nel quale Bordini legge la storia dei bambini di Medellín, che sarà inserita nel libro "Poesie color mogano" Tic, dicembre 2020.





 
 
 

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