top of page
Cerca

Giorgio Canali, Pericolo giallo

  • Immagine del redattore: Claudio Orlandi
    Claudio Orlandi
  • 3 mar 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

Nel periodo acuto dell’emergenza sanitaria, quando come unica ancora di salvezza venivano offerti i dosaggi, occorrevano alla strepitante macchina della propaganda testimonial appartenenti alla cultura popolare e vicini soprattutto alla parte più giovane del paese. All’orchestrazione indiscutibilmente pop del direttore Figliuolo servivano artisti, presentatori, attori e nessuno si è fatto pregare. Abbiamo ancora davanti agli occhi l’immagine dei tanti personaggi noti della tv nazionalpopolare battere le due dita unite in segno di vittoria sul punto della spalla dove, senza nessuna paura, i ragazzi avrebbero dovuto farsi bucare dalla siringa istituzionale. L’allineamento fuori e dentro l’Italia è stato compatto e impressionante e anche quella che si è sempre definita come la parte più alternativa della musica rock e indie, non ha pronunciato una sola parola contro le imposizioni e le violazioni costituzionali e se non si è unita al carrozzone della persuasione, si è chiusa nel silenzio e nella mancata protesta. Si tratta in effetti di particolari lavoratori, intorno a cui gravita un mondo variegato, e anche per quieto vivere, si è accettato di buon grado il green pass per continuare ad esibirsi in concerto, dal vivo anche con pubblico mascherato, per lavorare, appunto. Nella maggioranza dei casi neppure si è provato a mediare le proprie convinzioni con le richieste istituzionali, ma come in altri ambiti, culturali e no, si è chinata la testa, accodandosi all’andazzo generale, come chiedeva la scienza con la S maiuscola.


Ma nello scorso ottobre è uscito un album in cui tutti quelli che hanno protestato e manifestato contro le violazioni costituzionali e le norme liberticide si dovrebbero e potrebbero riconoscere con grande precisione. Il disco ha per titolo Pericolo giallo (La tempesta) e l’autore, accompagnato dal gruppo Rossofuoco, è Giorgio Canali. Per chi non lo conoscesse, si tratta di una delle anime più inquiete del panorama musicale italiano, un ragazzino di sessantacinque anni, fumatore incallito e bestemmiatore, una faccia segnata dal coltello e occhi spiritati, una specie di incrocio fra Iggy Pop e Klaus Kinski che calca i palcoscenici da decenni e che nel suo bagagliaio porta collaborazioni e produzioni di vario genere e livello, dalla storica traiettoria CCCP (con i quali condivise l’album Epica Etica Etnica Patho)  CSI e PGR, ad alcune delle proposte indie che hanno segnato gli ultimi vent’anni in Italia. In tutto ciò ha curato anche la sua produzione personale, segnata ormai da anni dalla collaborazione con i Rossofuoco. 


Pericolo giallo è l’ultima uscita di questo ensemble elettrico, un portato di combat rock allo stato puro, unito a testi contraddistinti da una ben precisa ricerca linguistica. Sono anni che Canali è impegnato nel dare ai propri pezzi anche una forza di parola e crediamo che mai come in questo ultimo lavoro sia riuscito a trovare un equilibrio virtuoso tra impatto sonoro e contenuto semantico. A primo tocco troviamo le sberle in faccia, i pugni nello stomaco, i calci nel culo – per limitarci ad armi di offesa corporali -, ma poi arriva anche la dolcezza, il paesaggio umano, la riflessione matura, mai lontana dalla preghiera anarchica che prevede strumenti più potenti: “Salvaci da questa merda Nostra Signora della dinamite.” 


Il disco vede la luce a tre anni di distanza dal precedente Venti, uscito per l’appunto nel dicembre 2020 e registrato nel marzo 2020, proprio durante il primo confinamento. Pericolo Giallo, anche per stessa ammissione dell’autore può considerarsi un po’ la continuazione del precedente sia per tematiche, sonorità e per modalità di realizzazione. 


Il metodo è semplice e complicato allo stesso tempo. Ci spiega Canali: “Non c’è modo di trovarsi in studio ad improvvisare? Si fa come si è già fatto per Venti, ognuno, a casa sua, butta giù idee e spunti e li gira agli altri poi, le parole vengono da sole, che di roba da dire, ce ne ho”. La differenza fondamentale sta nel fatto che nel 2020 c’era una costrizione, una condizione imposta per legge, l’isolamento. Qui si è trattato di una scelta operativa consapevole e dobbiamo dire che il risultato è sorprendente, segno che il gruppo ha raggiunto un’intesa molto forte, tale da fare piccoli miracoli. 


Per quanto riguarda le idee che circolano in Pericolo Giallo, Canali le aveva già chiare anni fa, se in un’intervista proprio del marzo 2020 dichiarava: “La dietrologia è l’unica scienza esatta, per me. I politici sono il perfetto strumento di un potere che vuole toglierci tutte le libertà. L’emergenza coronavirus mi fa paura, come se fosse una prova generale di blindatura, per giustificare l’esercito in piazza. […] Bisogna starci attenti, perché c’è in giro quella che sembra una “prova generale di controllo totale”.





Del resto Pericolo Giallo ha due fonti ben precise, una è racchiusa nel titolo e l’altra è nella molla che ha dato la motivazione del disco. Anche in questo caso vale bene ricordare le parole dello stesso Canali: “Sono partito dalla constatazione che a seconda dei periodi storici la propaganda ti fa vedere ciò che ti vuol fare vedere, per innescare questa o quell’altra paura e indurti a startene zitto e tranquillo. Basti pensare che la prima forma di intossicazione dell’informazione conosciuta dell’età moderna risale alla fine dell’Ottocento, quando sia in Europa, sia in America, si iniziò a spargere la paura che la popolazione in vertiginoso aumento in estremo oriente potesse superare quella dell’occidente bianco. Si paventavano invasioni, si diceva che sarebbero arrivati i cinesi e i giapponesi e che saremmo stati tutti costretti a mangiare riso, nidi di rondine e cani. E funzionò, il terrore effettivamente si diffuse. Fu il primo esperimento di mediatizzazione di una cazzata pazzesca. Ma da lì il potere ha capito come servirsi del terrorismo mediatico, alimentando e generalizzando la paura, tenendola sempre pronta da sbandierare alla prima occasione, facendoci passare di emergenza in emergenza. Eppure, non abbiamo imparato nulla. Dopo la Seconda guerra mondiale c’è stata la paura dei comunisti che mangiano i bambini e via così […] Perché da sempre, dal dopoguerra in poi, siamo il terreno di sperimentazione di tutte le stronzate possibili.”


Per quanto riguarda la nascita vera e propria del disco è giusto sottolineare ciò che lo stesso Canali scrive sul libretto che accompagna il cd. Il riferimento è alla canzone titolata Morti per niente, era stata richiesta a Giorgio Canali in modo che fosse inserita in una compilation di brani inediti per commemorare il 25 Aprile. La canzone non è gradita, nello specifico si chiede di “eliminare certe frasi del testo che solleverebbero polemiche fra i compagni”. Per l’autore, l’intento celebrativo diventa piuttosto l’occasione di scorgere il filo rosso che lega gli eccidi della Resistenza sino ai fattacci più recenti della storia italiana: “con quella faccia un po’ così/quell’espressione incredula che abbiamo noi/ che vi abbiamo visto a Genova, / che abbiamo visto voi, nazisti senza svastica, / nei rastrellamenti di chi faceva ginnastica.”. Crediamo siano questi i versi non graditi, e il rifiuto diventa pretesto per iniziare a comporre un nuovo album.


Pericolo Giallo – scrive Giorgio Canali – nasce proprio così, come risposta a chi vede e sente la resistenza come concetto meramente storico e non più come qualcosa che riguarda soprattutto etica e politica nel loro quotidiano.” Pare evidente la ripresa dell’idea pasoliniana di un nuovo fascismo «come normalità, come codificazione del fondo brutalmente egoista di una società», che chiama tutti noi ad una Resistenza attuale, che superi la piccola operetta celebrativa e prenda posizione ora, adesso. 

Giorgio Canali, è tra quelli che hanno subito molto le restrizioni poste in essere negli ultimi tre anni, ma avverte che il gioco non è finito “”Poi tutti diventa nero, tira aria di temporale, prepariamoci all’uragano, prepariamoci a scappare”, e questa è l’atmosfera che regna nel disco.

Il track emblematico è quello che dà il titolo all’album. La forza delle canzoni rock sta nella sua capacità di sintesi, di trovare la formula, lo standard in cui poter riconoscere fulmineamente una situazione analizzata e sviscerata dalla controinformazione attraverso post, trasmissioni televisive, articoli di approfondimento. A Giorgio Canali bastano quattro versi: “Viva la paura che si fa cultura/viva l’obbedienza che si fa demenza/impara l’abc e a dire sempre sì/ il capo ti ama così”. I riferimenti a George Orwell sono presenti qui come in altre parti del disco: “Guarda sul menu qual è l’allarme del giorno, /quello che toglie il ribelle di torno, /una paura al giorno e ciao libertà, /ma il capo ti proteggerà”.La politica emergenziale, quella che Agamben e altri riconoscono come messa in atto dello stato di sorveglianza, è nel brano di Giorgio Canali smascherata come a una parata di Carnevale: il pericolo giallo, quello blu, quello rosso, quello nero, viola, verde, per poi rifluire a quello iniziale, epidemico e pandemico.

Come accennato un dato interessante è l’età anagrafica di Giorgio Canali: 65 anni compiuti. La protesta e la resistenza antisistema degli ultimi anni è stata ed è portata avanti dai cosiddetti baby boomers, fino probabilmente all’estinzione della suddetta generazione e del significato stesso della lotta. 


Se vogliamo andare al di là del fatto che questo è un disco di rock tagliente e incazzato che non sentivamo da un pezzo e analizzare i testi da un punto di vista prettamente letterario, potremmo dire che la contrapposizione che si coglie fortemente è fra la “neolingua di regime” (Un filo di fumo) e quella che Canali definisce “stupida poesia” (Solo stupida poesia). La poesia coglie nel segno non quando sfarfalleggia gratuitamente con le forme e i significati, ma quando registra attraverso la sintesi e il gioco delle parole, un nuovo stato di cose avvertito universalmente, anche se magari inespresso.  Giorgio Canali lo fa, quando con una semplice caduta consonantica scrive di “pulizie etiche” (Pulizie etiche) o quando citando il “bispensiero” di 1984 (l’amore è odio) canta: “poi chissà come iniziano a volare lacrimogeni, sassi, pugni, calci e ogni altra forma di amore universale.” (C’era ancora il sole) o si arrischia a parlare d’amore in modo non convenzionale. Da uno spunto sentimentale esce la canzone forse più forte dell’opera, A occhi chiusi, costruita attraverso un procedimento di contrapposizioni progressive tra quella che potrebbe essere una felicità privata e le miriadi di brutture non ignorabili che si trovano al di là della stanza, altro che il cielo dentro.

“È uno stato di diritto alla morte negato e di salme rimpatriate con voli di Stato. Uno stato confusionale che ama la quiete, che ascolta solo “va pensiero” e le campane del prete. È uno stato di crisi, uno stato di allerta, uno stato di salute che porta a morte certa, poi le marcette di Mameli, tutti quanti sull’attenti che sfila la parata dei morti viventi e anche i più fascisti dei fascisti del passato mai rinnegato salutano romanamente la bandiera della N.A.T.O.”


Il disco si apre con il Sole “che si tornava a respirare, e si ballava, sì…ci si poteva baciare” e si chiude alla fine del mondo con una danza corale, che invita tutti a danzare “danza su questo finale, danza su questo finale, oppure lascia stare”.

A noi piace danzare!


Grazie Giorgio Canali e Rossofuoco per questo disco! 

 

Paolo Gera e Claudio Orlandi

 

 *




 
 
 

Comments


©2023 by claudioorlandi. Creato con Wix.com

bottom of page