Julian Assange, dai cypherpunk alla rivoluzione WikiLeaks
- Claudio Orlandi
- 6 lug 2024
- Tempo di lettura: 19 min
“Noto una certa militarizzazione del ciberspazio, nel senso di occupazione militare. Quando comunichi via Internet, quando comunichi con la telefonia mobile, che è ormai intrecciata con Internet, le tue comunicazioni vengono intercettate dai servizi d’informazione militari. È come avere un carro armato in camera da letto, un soldato fra te e tua moglie mentre mandate sms. Viviamo tutti sotto legge marziale per quanto riguarda le nostre comunicazioni, non vediamo i carri armati ma ci sono. In questo senso Internet, che doveva essere uno spazio civile, è diventata uno spazio militarizzato. Però è il nostro spazio perché lo usiamo tutti quanti per comunicare con gli altri e con membri della nostra famiglia. Le comunicazioni al cuore della nostra vita privata oggi passano in Internet, perciò nella pratica la nostra vita privata è entrata in zona militarizzata. È come avere un soldato sotto il letto. È una militarizzazione della vita civile.”
Quando pronuncia queste parole, Julian Assange è agli arresti domiciliari nel Regno Unito da circa due anni. È il 20 marzo 2012 e si trova a colloquio con Jacob Appelbaum, Andy Müller-Maguhn e Jérémie Zimmermann. Conversano di libertà di espressione, di privacy e internet, di censura, di militarizzazione dello spazio pubblico e di tanto altro. Assange ha le idee estremamente chiare e un obiettivo preciso:
“Dobbiamo comunicare quanto abbiamo imparato finché c'è ancora la possibilità che tu, lettore, capisca e reagisca a quanto sta accadendo"
In questi anni, nonostante il lavoro di oscuramento perpetrato dai mezzi di comunicazione, interessati a tenere basso il livello di attenzione sulla sua vicenda, l’interesse delle persone intorno a Julian Assange è rimasto vivo. In Italia ad esempio, sono sorti diversi comitati, impegnati nel portare il caso all’attenzione dell’opinione pubblica. Sotto la loro spinta, non pochi Comuni hanno anche conferito ad Assange la cittadinanza onoraria. Eppure, malgrado la tante manifestazioni di solidarietà a livello mondiale, Julian Assange fino a pochi giorni fa era rinchiuso nella prigione londinese di Belmarsh, e in pochi erano pronti a scommettere su una sua liberazione.
Ma non vorrei qui scrivere dell’annosa vicenda giudiziaria di Assange, del doloroso iter che l’ha portato ad essere privato della libertà per circa quindici anni, passando dalla residenza di Ellingham Hall (2010), all’ambasciata dell’Ecuador (2012) e infine a Belmarsh. Mi piacerebbe piuttosto dare un contributo al fine di chiarire i principi che sono alla base delle sue azioni e del perché il Sistema (o anche Regime), abbia risposto in modo così violento nei suoi confronti. Focalizzare l’attenzione sul pensiero di Julian Assange, le convinzioni che lo hanno portato a fondare WikiLeaks, presentandosi al mondo, a mio avviso, non soltanto come un valente e coraggioso giornalista, ma come un vero e proprio rivoluzionario. Di quelli che segnano il passaggio del proprio tempo.
Per intraprendere questo viaggio è necessario fare subito un salto nella giovinezza di Assange, e familiarizzare con un termine poco conosciuto in Italia, sebbene essenziale per comprenderne l’intera storia: questo termine è Cypherpunk.
La giovinezza di Julian Assange e il movimento Cypherpunk
Non siamo in possesso di molte informazioni sui primi anni di Julian (Assange non è il cognome del suo padre naturale, ma del secondo compagno della madre), ma sappiamo che per ragioni familiari ha vissuto in più di trenta paesi e città australiane durante la sua infanzia. Per approfondire la conoscenza di questo periodo è centrale il libro che Suelette Dreyfus pubblica nel 1997 “Underground: Tales of Hacking, Madness, and Obsession on the Electronic Frontier”.
Il libro – mai tradotto in Italia - descrive le imprese di un gruppo di hacker australiani, americani e britannici tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, tra cui Julian Assange, che è accreditato come ricercatore per il libro. Il giovane Julian ha frequentato diverse scuole, oltre ad essere istruito in casa. Ha studiato programmazione, matematica e fisica alla Central Queensland University e all’Università di Melbourne, senza però conseguire la laurea. In realtà era già un abile hacker all’età di 16 anni e conosciuto con il nome di Mendax, (tratto dal verso splendide mendax delle Odi di Orazio). Da quanto ci riporta invece Stefania Maurizi, (suo il fondamentale libro “Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e WikiLeaks”, pubblicato nel 2021 da Chiaralettere),
la madre Christine, era preoccupata che l’intelligenza e il carattere del figlio venissero danneggiati dal sistema della scuola statale, e aveva incoraggiato un’educazione libertaria e all’insegna dello spirito critico.
Negli anni a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 veniva considerato il più famoso hacker informatico d'Australia, e seguendo il suo codice etico autoimposto non danneggiava né mandava in crash i sistemi o i dati che hackerava, ma ne condivideva le informazioni. Nel marzo 2011 Robert Manne, un autorevole intellettuale australiano, professore emerito di politica presso la Trobe University di Melbourne, pubblica sulla rivista “The Monthly” un corposo articolo, nel quale delinea un profilo culturale e biografico di Assange. Il titolo del reportage è eloquente: “Il rivoluzionario Cypherpunk”.
Dal testo apprendiamo che con altre due persone, conosciuti come "Trax" e "Prime Suspect", Assange forma in quegli anni un gruppo hacker chiamato "The International Subversives", con il quale avrebbe fatto diverse azioni di hackeraggio, colpendo anche MILNET, la rete di dati segreta utilizzata dalle forze armate statunitensi. (Robert Manne dedicherà nel 2015 un intero libro ad Assange, con lo stesso titolo dell’articolo, “Cypherpunk Revolutionary: On Julian Assange”, purtroppo mai tradotto in Italia.)
Nelle vesti di Mendax, Assange scrive un programma chiamato Sycophant, permettendo ai “sovversivi internazionali” di condurre “attacchi massicci contro le forze armate statunitensi”. Il loro approccio era “ferocemente anti-establishment”, ma come detto rispettoso di una loro rigorosa etica, quella di non trarre profitto dall'hacking o di danneggiare i computer in cui entravano. Alla fine Mendax penetrò nel sistema informatico della società canadese di telecomunicazioni Nortel. È qui che è stato scoperto per la prima volta il suo hacking, dando avvio a una lunga indagine sui sovversivi internazionali condotta dalla Polizia Federale Australiana.
Le accuse contro Assange furono formulate solo nel luglio 1994 e il suo caso non fu definitivamente risolto fino al dicembre 1996. Sebbene Assange avesse parlato in tono segreto della possibilità tecnica di una massiccia pena detentiva (condanna teorica di 290 anni di prigione), alla fine dichiarandosi colpevole di 24 capi di accusa di hacking, ricevette una cauzione di 5.000 dollari per buona condotta, e una multa di 2.100 dollari per risarcimenti. La sentenza del giudice Leslie Ross tenne fortunatamente conto che l’azione non era stata condotta per fini di lucro, ma per un desiderio di conoscenza intellettuale (l’imputato veniva riconosciuto come un individuo altamente intelligente), senza alcuno scopo di guadagno economico.
Secondo quanto riportato da Robert Manne, gli anni nei quali si trovò coinvolto nel processo, furono molto pesanti per il giovane Julian, che lo videro precipitare in un “inferno personale”, tale da farlo entrare, anche se per breve, in un reparto psichiatrico, per poi trascorrere diversi mesi dormendo nella natura selvaggia intorno a Melbourne.
Questi sono anche gli anni in cui Assange si unì alla mailing list Cypherpunk, contribuendovi dal dicembre 1995 al giugno 2002. Come accennato, il termine non è molto utilizzato in Italia. Cerchiamo di darne ora una definizione, delineandone i principi generali.
Una delle fonti primarie per entrare a contatto con la galassia chyperpunk è sicuramente il Manifesto del Cypherpunk, scritto nel 1993, dal matematico Eric Hughes. Già sul finire degli anni ‘80, gli appartenenti a questo gruppo comunicavano attraverso una mailing list, in formazioni informali con l'intento di proteggere la privacy e la sicurezza informatica degli account personali, attraverso l'uso della crittografia, contro governi e gruppi economici. Alla fine del 1992, Eric Hughes, Timothy C. May e John Gilmore avevano fondato un piccolo gruppo che si riuniva mensilmente alla Cygnus Solutions (l'azienda di Gilmore), presso la San Francisco Bay Area. Il gruppo fu umoristicamente chiamato cypherpunks da Jude Milhon in uno dei primi incontri. Il nome coniato deriva infatti da cypher (cifrario) e punk, giocando sul termine ben più conosciuto cyberpunk.
La mailing list fu avviata effettivamente nel 1992, e in due anni aveva raggiunto 700 partecipanti. Al suo apice, è stato un forum molto attivo con discussioni tecniche che spaziavano dalla matematica, alla crittografia, dall’informatica alla filosofia politica. Ne fanno parte matematici, dipendenti di importanti aziende informatiche ed esperti di tecnologie digitali, tra cui John Young, fondatore di Cryptome, un sito di fuga di informazioni, che potrebbe essere visto come un predecessore poco noto di WikiLeaks.
Il Manifesto di Hughes (reperibile online tramite i normali motori di ricerca) si apre con queste frase:
“La privacy è necessaria per una società aperta nell'era elettronica. La privacy non è segretezza. Una questione privata è qualcosa che non si vuole che il mondo intero sappia, ma una questione segreta è qualcosa che non si vuole che nessuno sappia. La privacy è il potere di rivelarsi selettivamente al mondo.”
Sono gli anni 90’, in Italia il professore Stefano Rodotà diventa molto noto per la sua battaglia a difesa della privacy e per gli importati approfondimenti teorici sul rapporto tra nuove tecnologie e diritti. Sono anni cruciali per il passaggio dalla società analogica a quella digitale, è la nuova frontiera della rete internet e la connessione di massa. I prodromi di quella che sarebbe diventata una vera e propria invasione della società tecnologica nella sfera individuale.
Hughes è molto chiaro nel suo testo:
“Dobbiamo difendere la nostra privacy se ci aspettiamo di averne. Dobbiamo riunirci e creare sistemi che consentano di effettuare transazioni anonime. Le persone hanno difeso la propria privacy per secoli con sussurri, oscurità, buste, porte chiuse, strette di mano segrete e corrieri. Le tecnologie del passato non permettevano una forte privacy, ma le tecnologie elettroniche sì. Noi Cypherpunk ci dedichiamo alla costruzione di sistemi anonimi. Difendiamo la nostra privacy con la crittografia, con sistemi anonimi di inoltro della posta, con le firme digitali e con la moneta elettronica. […] Affinché la privacy sia diffusa deve far parte di un contratto sociale. Le persone devono unirsi e schierare questi sistemi per il bene comune. La privacy si estende solo fino alla cooperazione dei propri compagni nella società. Noi Cypherpunk cerchiamo le vostre domande e le vostre preoccupazioni e speriamo di potervi coinvolgere in modo da non ingannarci.
I Cypherpunk sono attivamente impegnati nel rendere le reti più sicure per la privacy. Procediamo insieme rapidamente.”
Leggendo queste poche righe ci si rende subito conto come i membri cypherpunk avessero compreso perfettamente quali fossero le direttrici sulle quali si stava muovendo la società del futuro, ed avendo gli strumenti per comprenderlo cercavano di proporre tecniche di difesa. Ovviamente erano un’avanguardia, di poche centinaia di persone, ma agguerrite e decise nel portare avanti il loro progetto, fermamente convinti del significato politico della crittografia e della volontà di lottare per la privacy e la libertà illimitata nel cyberspazio. Scrive Robert Manne: “al centro della filosofia cypherpunk c’era la convinzione che la grande questione della politica nell’era di Internet fosse se lo stato avrebbe strangolato la libertà individuale e la privacy attraverso la sua capacità di sorveglianza elettronica o se gli individui autonomi alla fine avrebbero minato e addirittura distrutto lo stato, attraverso il dispiegamento delle armi elettroniche appena messe a portata di mano. Molti cypherpunk erano ottimisti sul fatto che nella battaglia per il futuro dell’umanità – tra lo Stato e l’individuo – l’individuo alla fine avrebbe trionfato.”
I Cypherpunk erano sicuramente libertari e consideravano lo Stato come un nemico, ma con idee politiche eterogenee. Ad esempio Timothy May (a detta di Manne la voce politica più autorevole del gruppo) aveva scritto il Manifesto Cryptoanarchico, che poi confluirà nel documento Cyphernomicon (1994); un pamphlet che partendo dall’idea che lo Stato fosse la fonte del male nella storia, immaginava una società di individui autonomi che si relazionano tra loro a piacimento, fino a profetizzare sistemi digitali per il libero commercio e il baratto completamente anonimo di materiali illeciti e rubati.
Julian Assange, che è anche impegnato nel movimento del software libero (regolare la comunicazione nel cyberspazio tramite il software e non attraverso la legge), partecipa al forum cypherpunk, rivendicando la difesa dei diritti sociali e dei soggetti più deboli, nei confronti delle grandi aziende. Secondo Manne “sono stati i cypherpunk, più che il movimento del software libero, a fornirgli la sua educazione politica […] Per i cypherpunk, la questione se la crittografia sarebbe stata liberamente disponibile avrebbe determinato l’esito della grande battaglia dell’epoca. Il loro compito pratico più importante era scrivere un software che espandesse le opportunità di comunicazione anonima rese possibili dalla crittografia a chiave pubblica. Uno dei progetti chiave dei cypherpunk erano i "remailer", sistemi software che rendevano impossibile ai governi tracciare il passaggio dal mittente al destinatario del traffico di posta elettronica crittografato. Un altro progetto chiave è stato il “contante digitale”, un mezzo per mascherare le transazioni finanziarie dello Stato.”
Da un’attenta lettura dei sui post nella mailing list (tutti in seguito pubblicati in Internet), Assange emerge come un “libertario elettronico ma non economico… un nemico di quanti mostrassero anche la minima tendenza a scendere a compromessi sulla questione del Grande Fratello e dello Stato di sorveglianza” (Manne); convinto assertore dei diritti dell’individuo a proteggersi dal controllo statale, ma non a favore del liberismo privo di regole.
Dal 1997 al 2002 Assange accompagnerà tutti i suoi post cypherpunk con questo aforisma di Antoine de Saint-Exupéry. "Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per raccogliere legna e non assegnare loro compiti e lavori, ma insegna loro a desiderare l'infinita immensità del mare."
Di questi anni (1997) è anche il suo lavoro su un programma di crittografia chiamato Rubberhose. L’idea è potente: proteggere attivisti dei diritti umani e giornalisti che lavorano in società autoritarie, o comunque in contesti difficili. In tal senso, ha ragione Stefania Maurizi quando scrive che la volontà di proteggere le fonti in possesso di documenti importanti sarebbe diventata il fulcro di tutto il lavoro di WikiLeaks.
La nascita di WikiLeaks – Una nuova generazione di rivoluzionari?

Gli anni ‘90 si chiudono con il bombardamento Nato della Serbia di Milošević
e la promessa europea di un futuro radioso con l’avvento dell’Euro, ma con l’inizio del nuovo millennio alcuni eventi cambieranno per sempre lo scenario mondiale. Mentre in Italia – coinvolta nello scontro tra mondo della Sinistra e Silvio Berlusconi - si è ancora sotto shock per i fatti del G8 di Genova, dove aveva perso la vita il giovane Carlo Giuliani, l’11 settembre del 2001 le televisioni di tutto il mondo si collegano sulle immagini inaudite dell’attacco alle Torri Gemelle del World Trade Center a New York. Quale che sia l’interpretazione che si voglia dare ai fatti, questi hanno condizionato profondamente le nostre vite, sia a livello individuale che collettivo, come comunità o società complessa.
A poche settimane da quei tragici eventi, gli Stati Uniti, guidati da George Bush e la sua amministrazione, dava inizio ad una vasta azione di guerra contro il mondo arabo-islamico, è l’Operazione Enduring Freedom. Ad ottobre inizia la guerra in Afghanistan, secondo quanto riporta Wikipedia: “L'amministrazione Bush ha giustificato l'invasione dell'Afghanistan, nell'ambito della guerra al terrorismo, seguita agli attentati dell'11 settembre 2001, con lo scopo di distruggere al-Qaida e di catturare o uccidere Osama bin Laden, negando all'organizzazione terroristica la possibilità di circolare liberamente all'interno dell'Afghanistan attraverso il rovesciamento del regime talebano”. Il Presidente americano proclama dapprima la cosiddetta guerra al terrorismo e poi la dottrina della guerra preventiva, riassumibile nel concetto che gli USA non avrebbero atteso gli attacchi nemici, ma avrebbero usato la propria potenza militare per prevenirli, secondo una nuova dottrina militare, detta anche Dottrina Wolfowitz, dal nome dell’allora Sottosegretario alla Difesa. Nonostante la campagna afgana non fosse conclusa, l'amministrazione Bush spostò rapidamente la propria attenzione ad altri Stati che riteneva pericolosi per la sicurezza: nel discorso sullo stato dell'Unione del gennaio 2002 Bush parla del cosiddetto “Asse del male” formato da cosiddetti “Stati canaglia” quali Iran, Iraq e Corea del nord” cui occorreva contrapporsi. Nella pratica, gli sforzi dell'amministrazione si indirizzarono soprattutto contro l'Iraq, che difatti nel marzo 2003 – nonostante le oceaniche manifestazioni di dissenso - viene attaccato da una coalizione multinazionale (alla quale parteciperà anche l’Ucraina) guidata dagli Stati Uniti. Divennero familiari, le visioni televisive dei bombardamenti arei sulla capitale Baghdad, ma non era possibile vedere gli effetti sulla società civile iraquena. La guerra c’era, ma non si vedeva. La rete internet, come mezzo di comunicazione e informazione di massa deve ancora prendere piede. Alla fine di luglio del 2004 il giornalista freelance Enzo Baldoni parte per l’Iraq con l’intento di documentare la situazione. Il 21 agosto nei pressi di Najaf, dopo aver svolto una missione umanitaria per conto della Croce Rossa italiana, viene coinvolto in un attentato. Il suo interprete viene ucciso e lui rapito da una sedicente organizzazione fondamentalista musulmana di non precisa definizione e appartenenza. Dopo un ultimatum all'Italia, per il ritiro di tutte le truppe entro 48 ore, viene ucciso: la data esatta e il luogo della morte non sono però mai stati accertati.
Questi sono anche anni decisivi per la definizione del pensiero di Julian Assange, che nel 2001 festeggerà i suoi trent’anni. Come visto ha già una notevole esperienza nel campo informatico e sul finire degli anni ‘90 si stava impegnando sul programma “Rubberhose”, sul quale vale la pena soffermarsi. Assange lo definì “La ricerca di una mitologia crittografica da parte di un uomo”, un pezzo di "crittografia negabile" il cui scopo era quello di rendere impossibile ai torturatori o alle loro vittime sapere se tutti i dati crittografati sul disco rigido di un computer fossero stati rivelati. Un metodo pensato per rendere inutile la tortura per estorcere le password e impossibile la defezione e il tradimento di fronte a tale tortura. Con crittografia negabile si intende una forma di crittografia che consente di negare in modo convincente sia che i dati siano cifrati, sia di essere in grado di decifrarli. Il diniego, anche se non veritiero, non può essere verificato dall'attaccante senza la cooperazione dell'utilizzatore, che potrebbe veramente non essere in grado di decifrare i dati. Il dubbio che la negabilità induce nell'attaccante diventa così un'ulteriore forma di protezione dell'utilizzatore. Il nome del programma prendeva spunto proprio da una tecnica di tortura chiamata “Rubberhose” (Tubo di gomma). Come apprendiamo da Wikipedia “In crittologia, si definisce con un eufemismo il metodo del tubo di gomma (rubber-hose cryptanalysis) il riuscire a decodificare un testo cifrato mediante la tortura di uno dei conoscitori della chiave del codice. La pratica consiste nel percuotere ripetutamente e vigorosamente con un tubo di gomma la pianta dei piedi della vittima, fino ad ottenere l'informazione cercata. Il termine è in generale utilizzato per qualsiasi altro metodo che si basi sulla violenza nei confronti della persona interrogata. Rubberhose era dunque pensato per proteggere attivisti dei diritti umani e giornalisti, o qualsiasi fonte in possesso di informazioni compromettenti. Il progetto, sul quale Assange lavorò con gli amici Sueletyte Dreyfus e Ralf Weinmann, non fu mai ultimato, ma come accennato, in esso troviamo i germi di quello che diverrà di lì a qualche anno WikiLeaks.
Intanto nel 2003 Assange si iscrive all’Università di Melbourne per studiare matematica e fisica, ma secondo quanto scrive Manne, rimane piuttosto deluso del dipartimento di matematica quando viene a conoscenza che i suoi membri stavano lavorando con le autorità di difesa negli Stati Uniti su un bulldozer militare. Aveva raggiunto la posizione di vicepresidente della Società studentesca di matematica e statistica, ma nella sua testa, evidentemente frullava qualcosa di impetuoso e non tracciabile in un ordinario percorso accademico. Sono anni decisivi per la formazione e definizione dei valori che ispireranno la sua grande battaglia.
IQ.ORG è il nome del blog al quale affiderà la sue riflessioni (alcune raccolte sotto il titolo “Corrispondenza selezionata”), dalle quali è possibile enucleare la sua visione ed il suo personale ruolo nel mondo. In questo senso il prof. Roberto Manne, che nel 2015 pubblicherà il libro “The Cypherpunk Revolutionary: On Julian Assange”, ha fatto un lavoro egregio, proprio a partire dallo studio di quelle corrispondenze. Assange sta pianificando la creazione di WikiLeaks sviluppando e rafforzando nel contempo le sue convinzioni di natura etico-politica. Come abbiamo visto nel descrivere il programma Rubberhose, Assange crede fermamente nel concetto di trasparenza del potere. Ma crede altresì nel riflesso che un’informazione non mendace possa operare sull’opinione pubblica. C’è un assunto che sorregge tutta l’impalcatura, ossia che la trasparenza e l’accesso alle informazioni necessarie, riduca la corruzione e fortifichi la democrazia, come gestione collettiva dei processi decisionali. In questo contesto un dato è da sottolineare: nella sua personale analisi dei testi di Assange, Manne rivela un forte interesse per la storia del totalitarismo europeo, tanto che uno dei libri a cui è più interessato è “Il primo cerchio” di Aleksandr Solzenicyn. Assange è anche molto legato ad una citazione del popolare 1984 di Orwell:
“Chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro”.
Julian Assange fa parte di una piccolissima schiera di persone, che in possesso di competenze estremamente peculiari nel ramo della tecnologia informatica, ha compreso ben prima di molti i rischi che si celavano nello sviluppo potenziale di determinate tecnologie.
Scriverà nell’ottobre 2012 “Ora che gli Stati si fondono con Internet e il futuro della nostra civiltà diventa il futuro di Internet, noi dobbiamo reimpostare i rapporti di forza. Altrimenti l’universalità di Internet trasformerà l’umanità globale in un unico gigantesco reticolo di sorveglianza di massa e controllo di massa.[…] Se abbandonata alla propria inerzia, la civiltà globale diventerà nel giro di pochi anni una postmoderna distopia della sorveglianza, dalla quale nessuno potrà fuggire, a parte gli individui più abili. Anzi, forse ci siamo già.”
Assange indirizza la sua corrispondenza ad una piccola cerchia di seguaci, ma si tratta, a tutti gli effetti di una “chiamata rivoluzionaria alle armi”:
“Se possiamo vivere solo una volta, allora che sia un'avventura audace che attinga a tutte le nostre capacità... Lasciamo che i nostri nipoti si delizino a trovare l'inizio delle nostre storie nelle loro orecchie, ma le conclusioni ovunque nei loro occhi erranti."
Il nemico è lo Stato, inteso come la struttura di potere in grado di bloccare ogni cambiamento e comprimere l’area delle libertà, ma anche le grandi multinazionali, per le quali vigono le stesse regole di centralizzazione del potere. In questa fase, mentre prende avvio la nascita di WikiLeaks (il dominio WikiLeaks.org verrà registrato il 4 ottobre del 2006), Assange assume su di sé tutte le caratteristiche del leader rivoluzionario. È visionario, idealista e portatore di un messaggio per certi aspetti utopico. Tuttavia la rivoluzione che immagina è completamente non violenta e l’agente del cambiamento viene individuato nell’informatore, in possesso di un’arma ben precisa, la fuga di notizie.
Da buon Cypherpunk, Assange propone un rimedio ai mali del mondo, prendendo le mosse dalla crittografia, innalzando la privacy e l’anonimato, come barriere alla volontà di sorveglianza del Sistema. L’azione rivoluzionaria deve essere intrapresa su scala globale e senza alcun timore di entrare in conflitto con l’autorità.
Gli uomini nel loro periodo migliore, se hanno della convinzioni hanno il compito di agire di conseguenza, e la nuova generazione di rivoluzionari “deve pensare oltre coloro che ci hanno preceduto e scoprire cambiamenti tecnologici che ci incoraggino a modi di agire in cui i nostri antenati non potevano”, perché “proprio quando sentiamo che ogni speranza è persa e affondiamo nel miasma, tornando al mondo oscuro di fantasmi e dei, sorge un miracolo, ovunque prima che si conosca la direzione dell'interesse personale, le persone bramano vedere dove punta la sua bussola e poi bramano la verità con passione e bellezza e comprensione... Ecco quindi la verità per liberarli. Liberi dalle manipolazioni e dai vincoli dei mendaci. Liberi di scegliere il loro cammino, liberi di togliersi l'anello dal naso, liberi di guardare verso l'infinito vuoto e scegliere la meraviglia oltre a qualsiasi cosa li sostenga. E prima di questo sentimento di gettare benedizioni sui profeti e profeti del vero... sui Voltaire, i Galilei e i Principias of truth, sui Gutenberg, Marconi e Internet della verità, quegli assassini seriali dell'illusione, quegli scavezzacolli, guidati e ossessionati minatori della realtà, che distruggono, distruggono, distruggono ogni edificio marcio finché tutto non è rovine e i semi del nuovo sono seminati."
Altro termine e figura fondamentale nel disegno di Assange è quello del whistleblower (in inglese il "soffiatore di fischietto”), detto anche in certi casi “gola profonda” (deep throat), ed è colui che denuncia o riferisce, pubblicamente o segretamente, attività illecite o fraudolente inerenti l’attività dell’ente, l’organizzazione pubblica o privata in cui opera o nella quale ha in qualche modo accesso.
L’idea, la strategia che è alla base di WikiLeaks è sinteticamente espressa in un post sul blog del 31 dicembre 2006:
“Più un’organizzazione è riservata o ingiusta, più le fughe di notizie inducono paura e paranoia nella leadership e nella cerchia di pianificazione. Ciò deve comportare la minimizzazione dei meccanismi efficienti di comunicazione interna (un aumento della “tassa di segretezza” cognitiva) e il conseguente declino cognitivo a livello di sistema con conseguente diminuzione della capacità di trattenere il potere mentre l’ambiente richiede adattamento.
Quindi, in un mondo in cui trapelare informazioni è facile, i sistemi segreti o ingiusti vengono colpiti in modo non lineare rispetto ai sistemi aperti e giusti. Poiché i sistemi ingiusti, per loro natura, attirano gli oppositori, e in molti luoghi hanno a malapena il sopravvento, la fuga di informazioni li lascia estremamente vulnerabili nei confronti di coloro che cercano di sostituirli con forme di governo più aperte.”
Per questo WikiLeaks si presenterà come un articolato sistema in grado di garantire la totale copertura della fonte dell’informazione, così da ottenere e nel caso pubblicare in forma anonima ogni tipo di documentazione rilasciata. L’idea trainante è portare al massimo grado la trasparenza sfruttando la potenza politica della fuga di notizie, la possibilità politica delle comunicazioni crittografate non tracciabili. Si consideri che il termine leak non ha una traduzione univoca in italiano può significare sia fonte, sia fuga di notizie. Come scritto da Manne la conclusione di Assange era che la politica mondiale potesse essere trasformata bloccando il flusso di informazioni tra le élite di potere e rendendole sempre più timorose di fughe di informazioni interne. Credeva di poter raggiungere questo obiettivo creando un'organizzazione che permettesse agli informatori di tutti i paesi di trasmettere le loro informazioni, fiducioso che le loro identità non sarebbero state scoperte. Ha proposto che la sua organizzazione pubblicasse poi le informazioni a scopo di analisi collettiva in modo da dare potere alle popolazioni oppresse in tutto il mondo.
Come scrive Stefania Maurizi WikiLeaks era stata volutamente creata anche per rendere difficile la censura dei documenti che pubblicava: i sever erano collegati in località sconosciute, le identità delle persone che collaboravano in vario grado e funzioni con l’organizzazione non erano pubbliche, e risalire a un indirizzo di Assange e del suo staff era a dir poco problematico.
Aveva registrato il nome di dominio WikiLeaks.org negli Stati Uniti ispirandosi a Wikipedia. Assange era infatti rimasto molto colpito dal successo dell'esperimento Wikipedia, in cui milioni di voci erano state fornite attraverso il contributo di una comunità virtuale mondiale. L’obiettivo era che WikiLeaks potesse realizzare nel campo della trasparenza e nella fuga di notizie, ciò che Wikipedia rappresentava nell’ambito enciclopedico, potendo diventare, al suo massimo sviluppo una sorta di agenzia di intelligence popolare. Questa Comunità virtuale mondiale avrebbe rappresentato quella massa critica in grado di indirizzare i propri comportamenti in base alle informazioni ottenute e non più ammantate dalla menzogna di Stato.
Julian Assange aspira ad una rivoluzione politica globale pacifica fondata sulla fuga di notizie e la copertura totale delle fonti. I bersagli di WikiLeaks – indica Manne - sono fondamentalmente i Governi autoritari – di qualsiasi colore politico -, le tendenze sempre più autoritarie osservate nella recente traiettoria delle democrazia occidentali e la natura autoritaria della società commerciali contemporanee. In una e-mail del gennaio 2007 Assange sostiene che WikiLeaks potrebbe portare all’annientamento totale del regime statunitense e di qualsiasi altro regime che mantenga la sua autorità solo attraverso la menzogna. Si tenga presente che questi sono gli anni in cui la guerra sta devastando l’Iraq e l’informazione ufficiale è imbottita di propaganda e falsità. Ad aprile del 2004, grazie al giornalista investigativo Seymour Hersh, era scoppiato lo scandalo Abu Graib - con la diffusione di foto delle terribili torture commesse dai militari americani ai danni dei prigionieri iraqueni detenuti nella prigione di Abu Graib in Iraq – ma l’opinione pubblica rimaneva sostanzialmente all’oscuro di quello che accadeva negli scenari di guerra.
A gennaio 2007, a seguito di una piccola crisi che rivela prematuramente l'esistenza di WikiLeaks, è lo stesso Assange a descriverne i connotati e gli intenti, teorizzando la nascita di una agenzia di intelligence del popolo:
La divulgazione di informazioni basata su principi ha cambiato il corso della storia umana in meglio; può alterare il corso della storia, può portare a un futuro migliore ... Il controllo pubblico di istituzioni altrimenti irresponsabili e segrete le spinge ad agire eticamente. Quale funzionario rischierebbe una transazione segreta e corrotta sapendo che il pubblico potrebbe scoprirla? ... Quando aumentano i rischi di imbarazzo attraverso trasparenza e onestà, la situazione si rivolta contro la cospirazione, la corruzione, lo sfruttamento e l’oppressione ...
Invece di un paio di specialisti accademici, WL fornirà un forum per l’intera comunità globale per esaminare incessantemente qualsiasi documento per verificarne credibilità, plausibilità, veridicità e falsificabilità… WL potrebbe diventare l’agenzia di intelligence più potente sulla terra, un’agenzia di intelligence del popolo… La WL sarà un’incudine contro cui batterà il martello della coscienza collettiva dell’umanità… La WL, speriamo, sarà una nuova stella nel firmamento politico dell’umanità.
WikiLeaks riesce anche ad assicurare che l’informazione fatta filtrare venga distribuita attraverso molte giurisdizioni, organizzazioni e individui, in modo che una volta diffusa su internet sia estremamente difficile far sparire del tutto la documentazione.
Riguardo alla posizione politica di Assange e più in generale di WikiLeaks, uno dei rischi da evitare era la strumentalizzazione politica, ogni partigianeria sarebbe stata letale e avrebbe affossato l’intero progetto. Questo tratto era ben chiaro ad Assange, per il quale WL doveva mantenersi assolutamente aperta ad informatori di ogni genere, indipendentemente dalla provenienza politica. Robert Manne è estremamente chiaro quando afferma che Assange potrebbe essere stato a sinistra dello spettro secondo gli standard cypherpunk anarco-capitalisti, ma non era affatto un uomo di sinistra comunemente inteso. Ritiene che il potere nella società occidentale appartenga alle élite politiche ed economiche che non offrono alla gente comune niente di meglio che una concezione contraffatta della democrazia e di una cultura del consumo che distrugge l’anima, ma la sua politica è anti-establishment, genuinamente al di là di storiche distinzioni tra destra e sinistra.
Assange sente su di sé una forte responsabilità storica, se il “Potere” avesse preso il controllo totale di Internet la libertà delle persone sarebbe stata fortemente compromessa, viceversa sarebbe arrivata un’era di libertà di comunicazione e di trasparenza senza precedenti, che avrebbe dato vita ad una nuova era dell’umanità e dei rapporti sociali. Questa la sua convinzione, e WikiLeaks lo strumento che metteva a disposizione per indirizzare la storia sulla via di un’autentica libera democrazia planetaria.
Riferimenti bibliografici:
Suelette Dreyfus, Underground: Tales of Hacking, Madness, and Obsession on the Electronic Frontier, 1997.
https://groups.csail.mit.edu/mac/classes/6.805/articles/crypto/cypherpunks/may-crypto-manifesto.html
Stefania Maurizi, Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e WikiLeaks”, Chiaralettere 2021.
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Questo testo è la parte prima di un più ampio lavoro dedicato a Julian Assange e WikiLeaks dal titolo: “Julian Assange, rivoluzionario del nostro tempo”, di Claudio Orlandi.
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