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Oltre le maschere. A cinque anni dal lockdown (PDF)

  • Immagine del redattore: Claudio Orlandi
    Claudio Orlandi
  • 20 mag
  • Tempo di lettura: 5 min





Il 17 maggio il blog “Fissando in volto il gelo” ha lanciato online una pubblicazione in formato digitale titolata “Oltre le maschere. A cinque anni dal lockdown”, a cura di Ivan Crico, Paolo Gera e Claudio Orlandi.

Il testo è stato dedicato alla memoria di Francesco Benozzo e Federico Pier Maria Sanguineti, recentemente scomparsi.

Così la presentazione:

 

 

Verde come muffa è la casa dell’oblio

Paul Celan



“Oltre le maschere” è il titolo che abbiamo scelto per questa nuova pubblicazione di “Fissando in volto il gelo”, a cinque anni dal confinamento del 2020. L’evento che ha stravolto le vite di milioni di persone in tutto il mondo. Si tratta di una raccolta di testi poetico-narrativi e contributi grafici con i quali oltre settanta autori hanno desiderato partecipare, nella convinzione che il linguaggio poetico, e dell’arte in senso più ampio, sia in grado di svelare ciò che non è concesso dire e forse neanche pensare.

Con questa raccolta, in formato PDF liberamente scaricabile, vogliamo affermare che cinque anni non costituiscono una pietra tombale sotto cui seppellire il periodo più oscuro della nostra recente storia repubblicana. Cinque anni, per noi, sono un soffio.

E molti soffi poetici possono trasformarsi in vento impetuoso, in tempesta capace di spazzare via la sabbia con cui si tenta di occultare verità scomode, pratiche illecite, responsabilità inconfessabili. Cinque anni non sono nulla per chi non è indifferente e conserva una memoria vigile. Ha memoria chi porta ancora addosso ferite non rimarginate, chi attende — con tenacia e ostinazione — che determinati dati vengano

resi pubblici, i torti riconosciuti, i danni riparati.

Ringraziamo gli scrittori e gli artisti che hanno contribuito con le loro opere a questa antologia, che non vuole solo essere un atto commemorativo, ma che, a partire da un ricordo ancora vivido, rilancia interrogativi, impegno, anelito di libertà.

 Crediamo che chi ha attraversato criticamente quella stagione — segnata, a nostro avviso, da abusi e soprusi — sia portatore di una voce altra, dissonante, e proprio per questo essenziale. Anche quando si esprime attraverso il racconto dell’ordinario, quella voce apre varchi, incrina la superficie compatta del discorso dominante.

Contro il linguaggio del Potere, fatto di semplificazioni, slogan, preconcetti e giudizi, opponiamo la forza della creazione come spazio libero e aperto. La parola immaginativa non cerca conferme, ma solleva domande; non consola, ma disorienta. L’immaginazione non è evasione, ma esposizione al possibile, all’impensato. Dove il potere chiude, essa apre. È nel suo farsi incerta, nel suo rifiuto di fornire risposte definitive, che si manifesta

la sua potenza pacificamente sovversiva.

“Oltre le maschere” vuole essere anche un gesto di resistenza consapevole, un esercizio collettivo di libertà. E come ogni gesto autenticamente libero, non si limita a ricordare ciò che è stato, ma dischiude sguardi inediti sul mondo che abitiamo — e su quello che, migliore di questo, possiamo ancora ostinatamente immaginare.

Per noi e per chi verrà.



 



Alcuni testi contenuti nell’antologia:


 

 Sono stata rinchiusa per giorni

 nella scatola del cortile;

 come un gatto o come un sasso.

 Metà luglio di solitudine.

 Ma l'occhio cieco imparava a guardare

 nei barbagli di solitudine.

 E si riempie il luogo delle vite della vita,

 dal più piccolo al più grande

 gli occhi di altri esseri sono i miei.

 

 Chiara Catapano

 

*

 nessun sentimento è privato

 rarissimi i defunti asintomatici

 sui balconi piombano i gabbiani

 la luce ben nascosta nel water

 

 noi ci guardiamo negli occhi

 ci guardano da ogni dove

 non ci guardiamo negli occhi

 doppi vetri contro le obiezioni

 

 gli insetti hanno avuto la meglio

 l’RNA è danneggiato

 i resti umani disposti sullo scaffale

 non si devono mangiare – pena il contagio

 

 le cime dei pini ondeggiano imponenti

 gli uccelli strillano saltando tra i rami

 sembrano governare le fronde col canto

 ne sono governati

 

Carlo Cuppini

 

*

 

 La pacificazione

 

 Me sònano ar citofono, "chi è?"

 "so' Gianni! quanto tempo ch'è passato.

 Stavo qui sotto e me so' detto: tiè,

 vedemo se ce sta quer debosciato"

 

 Silenzio, prendo tempo, fo melina

 scenno e je meno o faccio er gran signore?

 Scelgo la pace, chiudo la fondina

 nun meno ma nun maschero er rancore

 

 ce sto ma proprio niente c'ho da ditte.

 Come du' anni fa quando tacesti

 di fronte a quelle norme maledette

 insieme a quell'amichi tua gauchisti.

 

 M'hai dato der fascista e complottaro,

 m'hai detto ch'ero matto ed egoista,

 ch'ero ignorante peggio d'un bovaro

 e ch'er salvacondotto è cosa giusta.

 

 Ecco, so' quello, me lo sento addosso:

 io so' ignorante, fascio e tutti gli "ista"

 ringrazio p'er pensiero, so' commosso.

 Mo porta via la chiappa tua molesta."

 

Cuticchia Cesare

 

*

 E alla fine moriremo seppelliti da bugie.

 Vivi, ma fuori di senno. Come fossimo

 rapiti da deliri, da una lingua morta

 in un mondo che non è più nostro.

 Bugie, per un'ultima Scena con altissime prose.

 Un finale d’esordio. E questo fuoco di specie.

 Dove il pensiero è andato via via sprofondando

 in chissà quale altrove, in chissà quale Nome.

 Tanto tu sai, meglio di me, che la coscienza è fango

 e altri al posto tuo, mangiandola, si sono fatti pietra.

 Duri solidi come altissimi scogli per limpiare il mare

 dalla follia della razza, quando la Verità rifulse in uno sparo

 e noi, come colombi, fuggimmo via nelle fortezze

 di uno stormo: anche se quello, in fondo,

 non era che il volo in prima classe dei codardi.


 Giancarlo Cutrona

*

Qualora i doveri o gli affetti della vita

anche per pochi giorni ti chiamassero altrove

 devi sapere che al ritorno

 assieme all’abitudine

 sarà andato perso il contatto,

 sarà muto il silenzio dell’erba

 e diverso il silenzio delle siepi.

 Il fatto è che la frequentazione dell’altrove

 porta con sé necessità, e assorda.

 Recuperare il contatto è affrancarsi dall’umano

 perché non c’è niente di umano nell’umanità

 o di tuo nel rumore del mondo che non sa.


Stefano Dal Bianco

 

*

Memento

 

 Quando tutto sgretola, slitta via

 il perimetro e ogni geometria,

 la vita oscilla avanti e indietro,

 senza sosta.

 Resta la voce che ci fa

             – timidi e terribili,

 una forma antica che ci tiene

 con i piedi infilati nella storia

 e ci fa eroi

 dentro la pietà che ci rimane.

 Dentro il bianco, i nomi.

 

Gabriela Fantato

 

*

 

 

 Non si comprendeva il senso

 della rinuncia eppure

 pensarla incuteva

 un reverenziale timore

 e Isacco era così reale

 così quasi-morto

 (e interamente vivo).

 Quando chiama

 il corpo tu

 rispondi, sempre.

 La salvezza non è

 lontana: è una via

 usata, diritta.

 Lo straniero e il familiare

 si scambiano

 il posto e tu

 rimani sul cammino.

 Com’è intimo

 il divino.

 Solo la fede

 è all’altezza

 dell’opportunità.

 Ricambia l’offerta

 con la fiducia.

 Partorisci. Il corpo

 è uno stato di grazia

 non è un dono.

 

Paola Loreto

 

*

 

 Polmoni

 

 Ieri notte mi sono fermato al semaforo dell’incrocio

 davanti la caserma muta.

 Un uomo vendeva i suoi polmoni

 30 euro al pezzo, un prezzo buono.

 Quando gli ho aperto il petto non l’ho neanche guardato negli occhi

 non so che espressione avesse.

 Ho estratto i due pezzi e mi sono allontanato

 lasciandolo cadere, come una camicia senza stampella.

 Si è affusolato su sé stesso senza far rumore.

 Ho messo i polmoni in una busta e li ho caricati in macchina

 sui sedili posteriori.

 L’odore non era gradevole

 boccheggiavano come due grossi pesci da poco pescati

 Ho messo in moto e sono andato verso casa.

 

Claudio Orlandi

 

*

 

 Ci sembrava rimanesse solamente

 una parola impronunciabile per dire

 il fremito, l’angoscia, oppure i giorni

 che giravano e tremando sostenevano

 questa stagione sconosciuta in ogni casa.

 

 Mattia Tarantino


 
 
 

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