Per Carlo Bordini, poeta del nostro tempo
- Claudio Orlandi
- 3 nov 2023
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 11 nov 2023
Approdano
Con chiarezza
Senza chiarezza
Carlo Bordini, I miei amici.
Ogni racconto ha una sorgente, in questo caso con un nome e cognome, ossia Luca Sossella. Fu infatti Luca ad inviarmi in dono a casa un pacco di libri di poesia, e sempre lui ad invitare Carlo alla presentazione del nostro discolibro, precisamente il 4 maggio 2014. Cos’è successo in questi sei anni? Molte cose, moltissime per raccontarle tutte in un articolo, ma cercherò di tratteggiare le linee di demarcazione maggiori. Quelle che in questo momento mi giungono alla mente in modo netto e chiaro.
A dire la verità quel libro mi aveva colpito subito, ma non in senso positivo, al contrario. La fattezza anomala, un parallelepipedo pesante da portare, la foto di copertina sgranata, cielo-mare-sabbia senza un’immagine precisa, il titolo strambo. L’avevo messo da parte, incuriosito dagli altri libri presenti nel pacco regalo. Poi ci fu quella giornata al Teatro Valle occupato di Roma, dove col gruppo presentavamo il lavoro Dismissione, editato proprio da Sossella. Evidentemente Luca aveva invitato anche Carlo, e lui era venuto a vedere di cosa si trattasse. Quello fu il primo giorno che lo vidi, e ci presentammo, così, semplicemente. Ma in quel semplice saluto e nell’osservarlo lì nell’atrio del teatro, avvertii in lui qualcosa che mi piacque moltissimo. Quel signore, di una certa età, sapeva comportarsi. Non sto ovviamente parlando di educazione, ma della capacità di stare nel mondo, di vivere le situazioni con assoluta naturalezza. Percepivo istintivamente una sensazione di mitezza e concentrazione in quel suo stare nel presente. Senza chiedere o rivendicare, senza ostentare o esibire, senza illustrare, semplicemente essere in quel momento, senza artificio, serenamente.
In realtà non avevo capito subito che quell’uomo corrispondeva all’autore del volume che avevo in casa, ma poi, spinto dalla curiosità andai a ripescare il libro, e il nome impresso in copertina era effettivamente quello di quel signore osservato al teatro: Carlo Bordini. I costruttori di vulcani. Era lui.
Ho iniziato così a conoscere il poeta, e poi l’uomo, Carlo Bordini. Le poesie, i testi dei Costruttori mi colpirono moltissimo. Negli ultimi anni ho avuto sensazioni molto forti leggendo alcune poesie, in particolare mi è accaduto con i testi di Carlo e con quelli di Luigi Di Ruscio, il poeta di Fermo emigrato in Norvegia. Leggere ed avere la consapevolezza di trovarsi di fronte a testi di importanza capitale per l’andamento dell’evoluzione poetica contemporanea, una sensazione che crea vertigine. Dalla prima lettura del libro di Carlo rimasi abbagliato, sbalordito dal testo “Fine della tragedia”, dove Carlo racconta il fallito tentativo di suicidio di un suo amico (che poi seppi essere Carlo Rosselli). Quella poesia mi convinse a chiamare Luca. Ero euforico e gli dissi al telefono che Carlo Bordini era una grande poeta. Lui mi rispose: “Sono contento che lo pensi, lo penso anche io” – “Luca, ma io credo davvero che sia un grande poeta, non tanto per dire, qui si tratta di una delle opere poetiche più importanti degli ultimi anni in Italia!”. Luca ovviamente ne conveniva, del resto aveva editato lui quel grande volume, dopo che le poesie di Carlo erano apparse in edizioni minori e sostanzialmente poco considerate da pubblico e critica. Come poi capii, nonostante l’encomiabile lavoro di quelle piccole case editrici, Bordini era vissuto e viveva nelle zone marginali della poesia italiana. In qualche modo questa essenza della marginalità lo affascinava, era divenuta nel tempo – come si suol dire – una sua cifra stilistica, ma credo fosse anche un modo di accettare e sopportare un dato di fatto non del tutto dipendente dalla sua volontà. Carlo voleva che le sue poesie fossero lette e conosciute. Naturalmente i poeti scrivono ciò che possono, quanto e come la loro musa concede di scrivere, poi sta al mondo valutare e dare responsi.
Dopo anni di intensa militanza politica in un gruppo trotskista, Carlo aveva pubblicato nel 1975, con poco meno di quarant’anni, la sua prima raccolta di poesie, in un ciclostile di totale autoproduzione: Strana categoria. A quel lavoro ne seguirono altri, ma nonostante l’apprezzamento e l’interesse di alcune figure importanti della cultura del tempo, per molti anni non ottenne una pubblicazione che gli desse vera visibilità. Per questo la pubblicazione di Sossella, I costruttori di vulcani del 2010, fu un vero colpo di teatro, una scommessa editoriale, un lavoro di salvataggio poetico, ma anche un guanto di sfida lanciato dall’editore alla critica ufficiale. Il libro infatti raccoglie – come scritto in copertina – Tutte le poesie 1975-2010. Quasi per intero l’opera poetica di Carlo, trentacinque anni di poesia riuniti in un unico volume. In realtà il libro non è una mera raccolta dei libri precedenti – ormai reperibili con difficoltà solo sul mercato dell’usato – , ma una sorta di autoantologia, nella quale Carlo aveva rimodellato tutto il suo materiale poetico. In un’intervista dirà che la sua volontà era di scrivere un libro nuovo, ricomponendo i suoi testi come una sinfonia, una nuova architettura. Nella prefazione Roberto Roversi scrive: “Dico intanto che è un fiume. Un fiume che va e viene e si ripercuote, scorrendo, fra le rive […] Il fiume, così, delle parole non lo posso rallentare con le mani degli occhi; posso solo inseguirlo”.
E così leggendo i suoi testi, intrigato dalla sua personalità, presi a seguire Carlo, a cercarlo, per provare a trovare un’intesa umana prima che intellettuale. Ci incontrammo e iniziammo il nostro dialogo.
Nel frattempo, in quegli anni, avveniva il miracolo, ossia la poesia di Carlo, rimodellata nei Costruttori, usciva da una contenuta cerchia di lettori iniziando ad esser sempre più apprezzata da tutto il mondo poetico romano e non solo. Lo scrive bene Guido Mazzoni nella prefazione a Difesa berlinese del 2018: “Oggi possiamo dire che pochi libri di poesia italiana del XXI secolo hanno suscitato un interesse così vasto. E’ come se, negli anni dieci, la poesia di Bordini avesse trovato un pubblico più largo e più giovane della generazione cui Bordini apparteneva o di quelle immediatamente successiva, un pubblico fatto di persone con idee della letteratura molto diverse fra loro, ma che leggevano I costruttori di vulcani come un libro contemporaneo.” E proprio in relazione a questo fatto a me piaceva immaginare Carlo come una sorta di Gulliver steso sulle varie scuole della poesia contemporanea. Di fatto tutti volevano bene a Carlo ed alla sua scrittura, tutti, adesso volevano in qualche modo pacificarsi con quella dimensione poetica che avevano tralasciato e che ritrovavano nell’opera di Carlo. Come scritto in un piccolo racconto titolato “Quando conobbi Rossella Or”, amavo la capacità che aveva Carlo di gestire questi giudizi, queste ovazioni riguardo alla sua poesia, provenienti dalle diverse scuole critiche romane, che normalmente si osteggiavano animosamente. Non rimaneva indifferente, si percepiva che ne era soddisfatto, ma riusciva con piccoli movimenti del viso – in particolare gli occhi e gli angoli della bocca – a far tutti partecipi di questo risultato, come una pianta fiorita che per sua natura emana un profumo percepito da tutti, senza pesare su persona alcuna, ma rendendo tutti allegri e soddisfatti.
Ecco, la mia amicizia con lui si andava sviluppando proprio mentre questa onda prendeva corpo, e ho avuto il privilegio di vivere insieme a lui questa evoluzione. A me sembrava una cosa ovvia, perché ero convinto del valore di quei testi. Intanto quotidianamente Carlo osservava in silenzio, a volte con intimi sorrisi, sulla sua poltrona i movimenti a lui circostanti.
In questo costante avvicinamento di anime, all’inizio del 2018, tramite Carlo conobbi Rossella Or, con la quale aveva un rapporto di grande amicizia di lunghissima data. Non subito, ma nel tempo formammo un terzetto niente male, io, Carlo e Rossella. Una sera Carlo mi disse “stiamo bene insieme perché anche tu sei pazzo”. In effetti quando ci incontravamo, nei pranzi domenicali o nelle cenette del sabato sera, si sviluppava sempre un’aurea di piccola follia, sprigionata dai comportamenti di Rossella o evocata dai temi delle discussioni, che vertevano sempre o prevalentemente sulla letteratura. Come diceva Rossella, leggere è più importante del mangiare. Così, soprattutto in questi ultimi due anni ho trascorso molto tempo con Carlo, che è diventato per me un punto di riferimento, o molto semplicemente un amico autentico. Gli volevo molto bene, mi manca molto.

Carlo Bordini e Rossella Or
Nella sua stanza, seduti uno di fronte all’altro, in silenzio o con il condizionatore acceso nei mesi invernali, ci dilungavamo in discussioni intorno la scena poetica romana, di cui ovviamente lui sapeva molto. Ascoltavo le sue considerazioni che spesso scaturivano da mie domande o curiosità, lui rispondeva sovente con frasi brevi, accompagnate con gesti delle mani e delle braccia o accenni del viso, mai dei sermoni. Quando aveva bisogno lo aiutavo a girare brevi video di letture da spedire a chi ne faceva richiesta. Carlo nonostante l’età aveva capito l’importanza dei social, che usava con divertimento e razionale consapevolezza. Naturalmente parlavamo di donne, delle nostre storie, dei fallimenti, dei rimpianti, delle situazioni più assurde, simpatiche o tragiche nelle quali ci eravamo trovati. Ci consigliavamo sul da farsi nelle condizioni presenti. Myra, la sua giovane moglie, era sempre presente nella sua mente.
Quasi ogni sera, soprattutto durante il primo lungo periodo di confinamento, ci sentivamo al telefono per raccontarci la giornata e commentare i fatti del mondo. Le telefonate spesso prendevano una piega surreale e scherzosa, magari partendo da un termine trasformato in un altro o giocando su strambe assonanze di senso, come solo Carlo sapeva fare. A volte nascevano delle vere e proprie poesie telefoniche, come accadde per Il mare a Pietralata. Un breve testo nel quale racconto a Carlo dell’esistenza del mare a Pietralata, appositamente costruito per far fare la villeggiatura alla popolazione locale. Ci divertivamo e trascorrevamo il tempo, avevamo trovato un equilibrio mite e produttivo.
Oltre a questa inconsueta e imprevista amicizia, in Carlo ho osservato anche un poeta, a mio avviso un grande poeta, che osservava il mondo. Mi impressionava una certa qualità di Carlo, una caratteristica che definirei “capacità umana di sentire le cose del mondo”, in lui spiccata e manifesta, una virtù, in qualche modo, che mai tanto intensamente avevo incontrato in altri prima di lui. Una capacità che si ritrova nei suoi scritti, sia in poesia che prosa. Testi che meritano di essere letti e commentati, come la serie di “Mangiare” (dalla quale avevo tratto un testo per una nostra canzone), o il sorprendente incontro amoroso- pugilistico di “Strategia” (che gli consigliai di ripubblicare per la sua forte attualità), ma anche singole poesie brevi di pura bellezza, come Noi, mentre la casa crolla, Corteo o la riflessione contenuta in Poesia, l’unica che dica la verità pubblicata su “L’Unità” il 1°maggio del 2002. Molti scrivono poesia, ma è raro trovare autori in grado di concentrare nei propri scritti, con forza e fragilità, le incrinature del proprio tempo, allontanandosi da se stessi e ponendo un punto di osservazione più alto del proprio io. Mentre scrivo mi sovviene, ad esempio il testo “Epidemia”, del marzo-settembre 2001. Per tutto questo, Carlo personifica ai miei occhi il poeta del nostro tempo.
Oggi sono disponibili anche Pezzi di ricambio (Empiria, 2019) e Difesa berlinese (Sossella, 2018), che raccolgono le sue prose. In Difesa, oltre ai testi più sperimentali di Carlo, come Gustavo, Susanna e il geniale Manuale di autodistruzione, è contenuto quel Memorie di un rivoluzionario timido (già uscito, sempre per Sossella nel 2016), a mio avviso uno dei libri più belli scritti in Italia negli ultimi anni che tanto ancora deve dire alle generazioni contemporanee e future, sia per i temi che per la scelte stilistiche, e che pone Carlo tra i massimi esponenti della letteratura italiana a cavallo tra i due secoli.
Carlo era anche un ottimo lettore dei suoi testi, anzi come ebbi modo di dirgli, Carlo era senza dubbio il miglior lettore di se stesso. Il suo stile trova anche nella lettura una dimensione peculiare. Solo lui sapeva esattamente dove i suoi testi necessitano di sostanza o dove no. Il suono della sua voce, che ci parla della sua anima mite ed estesa, accompagnato da quel poco dondolare del corpo, rendono il tutto tipicamente bordiniano, e non è facile capire il confine tra lo scherzo, l’illuminazione e il dramma.
Avevamo ancora delle cose da dirci, cene e dolci risate, progetti di lettura. Ma abbiamo anche molto da riflettere e godere dalla sua opera, edita e inedita. Finché ha potuto, Carlo ha lavorato ai suoi testi, che considerava mai del tutto conclusi. Il mio consiglio a chi oggi voglia scrivere o leggere poesia in Italia è quello di fermarsi, prendere alcune settimane di riposo da dedicare alla lettura dell’opera letteraria di Carlo Bordini, e poi riprendere con i propri andamenti. Ne trarrete giovamento, ne sono certo, con chiarezza, senza chiarezza.
Claudio Orlandi, Roma – dicembre 2020
L'articolo è stato pubblicato nel dicembre 2020 https://www.leparoleelecose.it/?p=40250
*
Carlo Bordini (Roma 2 settembre 1938 - 10 novembre 2020) Poeta e narratore dallo stile fortemente personale. E’ stato militante trotskista negli anni sessanta, poi ricercatore di Studi storici all’Università La Sapienza di Roma. Considerato tra le voci poetiche italiane più importanti degli ultimi decenni. Tradotto in spagnolo, svedese e francese, ha collaborato con importanti testate giornalistiche e riviste letterarie. Le sue poesie sono raccolte in "I costruttori di vulcani. Tutte le poesie 1975-2010" Luca Sossella editore 2010, "Poesie color mogano" Tic edizioni 2020; Le opere in prosa si possono trovare in "Difesa berlinese" Luca Sossella editore, 2018, e "Pezzi di ricambio" Empirìa 2003 (ristampato 2019). A novembre 2021 esce postuma la raccolta poetica "Un vuoto d'aria" per Mondadori.
Commentaires