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Poeti sul lato opposto

  • Immagine del redattore: Claudio Orlandi
    Claudio Orlandi
  • 14 mag 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Mi è capitato diverse volte di provare una certa soddisfazione nel fotografare paesaggi nei quali la volontà di razionalizzazione umana ha lasciato il passo all’avanzare o al ritorno della natura incontrollata. Si tratta di luoghi spesso ai margini della fascia urbana nei quali la vegetazione ha preso il sopravvento su segnaletiche o scritte che un tempo avevano dato senso alla viabilità. Un senso tutto umano, artificiale, finalizzato al rispetto di un certo quadro ben definito di spostamenti e direzioni. Così è possibile trovare, in anfratti cittadini, ma non solo, tutta una serie di segnaletiche come frecce, indicazioni di senso, obblighi, divieti, ormai persi in quadri nuovi, non più in grado di produrre effetti vincolanti.

Che sia un fallimento della volontà raziocinante dell’uomo o un fisiologico smarrimento della volontà originaria, questa situazione mi interessa.




“Poeti sul lato opposto” è il titolo che ho dato ad una di queste foto, reinterpretando una scritta che riportava “Pedoni sul lato opposto”. Mi sembra che la poesia possa rappresentare quel tipo di linguaggio in grado di opporsi alla volontà raziocinante. Sono entrambi “prodotti” umani, ma con finalità diverse e in alcuni casi contrapposti. Il poeta si pone sul lato opposto. Nell’indicazione non è scritto cosa debba fare il pedone sul lato opposto. È sotto inteso che il pedone cammini sul lato opposto. Il poeta può anche non camminare, il poeta non è un pedone, potrà anche essere in quel momento un pedone, assumerne tutte le fattezze e le posture tipiche, ma sarà un poeta anche a prescindere del suo posizionamento nello spazio e delle sue intenzioni di movimento. Sarà poeta a livello esistenziale. E allora, “sul lato opposto”, diventa una categoria dello spirito.

In questi argomenti mi piace perdere il pensiero mentre vedo le grandi piante, smosse dal vento, avvolgere i segnali, e renderli nuovamente parte del mondo naturale. I materiali di cui sono composte le segnaletiche tornano nella possibilità di esistere in quanto minerali. Il loro stato originario, al di fuori dalla messa a dimora lavorativa. Esseri viventi tra vita naturale. Il vestito che è stato apposto loro non ha più forza, può essere dismesso. Resta come residuo semantico di una vita precedente nel quale quei segni hanno avuto forza e cogènza, in grado di vincolare a livello normativo il comportamento altrui. Ora non più.







(continua)

 
 
 

2 則留言


fabiola.viani
2024年5月15日

In questi che tu chiami "pensierini", Io ci vedo delle profonde intuizioni e mi fanno pensare a quanto ha teorizzato Laura Pugno nel suo saggio "In territorio selvaggio".

https://www.leparoleelecose.it/?p=35317&

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Claudio Orlandi
Claudio Orlandi
2024年5月15日
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Sì conosco il tuo forte interesse per il lavoro di Laura Pugno. In realtà, come sai, la questione della marginalità e delle sue manifestazioni mi coinvolge da sempre. Semmai dovrei leggere "“Manifesto del Terzo paesaggio" di Gilles Clément, che effettivamente non conosco. Grazie

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